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Il PdL, tanto rumore per nulla

urloLa Cassazione ha confermato la condanna di Silvio Berlusconi per frode fiscale: 4 anni di cui tre coperti da indulto. La Cassazione rinvia a un nuovo processo d’appello per rideterminare la misura dell’interdizione dai pubblici uffici.

La condanna nell’ambito del cosiddetto “processo Mediaset” riguarda fatti estranei alla vita politica. Non esiste alcun “caso politico”: la magistratura ha ritenuto di aver accertato responsabilità penali nelle scelte compiute dall’imputato nell’ambito della sua attività imprenditoriale e, conseguentemente, ha emesso una sentenza di condanna.

Il condannato può continuare a esprimere le sue opinioni, sviluppare i suoi progetti politici, plasmare e ispirare la forza politica di cui è leader come ha fatto in tutti questi anni. Non potrà probabilmente ricandidarsi, forse decadrà dalla carica che attualmente ricopre, ma prescindendo dalla valutazione che ciascuno di noi è libero di dare all’attività parlamentare di Berlusconi, non c’è dubbio che il valore di un leader si misura dalla capacità di costruire una squadra capace di realizzare le fantastiche idee e progetti del leader… Ovviamente il PdL è libero di proseguire orgogliosamente a riconoscersi nel proprio leader, magari dimostrando di essere quella forza moderata, liberale e rinnovatrice che afferma di essere.

Berlusconi decade dalla carica di parlamentare?
Riguardo all’interdizione può attendere l’esito del nuovo processo poiché non esiste condanna senza definizione della durata della pena.

CuloPerò, checché ne dicano gli esperti avvezzi a tormentare la lingua italiana e il diritto con formalismi inconcludenti atti a rendere vana ogni norma, è immediatamente applicabile il Decreto Legislativo 31 dicembre 2012 n. 235; il cosiddetto “decreto sull’incandidabilità”.

Recita l’art. 1 “Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato e di senatore: a) coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti, consumati o tentati, previsti dall’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale; b) coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti, consumati o tentati, previsti nel libro II, titolo II, capo I, del codice penale; c) coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione, per delitti non colposi, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, determinata ai sensi dell’articolo 278 del codice di procedura penale.

Le parole “non possono comunque ricoprire la carica di deputato e di senatore” tolgono ogni dubbio: non è rilevante quando è stato commesso il reato ma lo “status” al momento della condanna. Elementare per non dire lapalissiano.

L’art. 3 comma 1 prevede: “Qualora una causa di incandidabilità di cui all’articolo 1 sopravvenga o comunque sia accertata nel corso del mandato elettivo, la Camera di appartenenza delibera ai sensi dell’articolo 66 della Costituzione. A tal fine le sentenze definitive di condanna di cui all’articolo 1, emesse nei confronti di deputati o senatori in carica, sono immediatamente comunicate, a cura del pubblico ministero presso il giudice indicato nell’articolo 665 del codice di procedura penale, alla Camera di rispettiva appartenenza.

Poiché la pena arriva, quando arriva, dopo il fatto e l’accertamento che il fatto costituisce reato e in più ci vuole la sentenza definitiva che presuppone lo svolgimento di tutto l’iter giudiziario… la norma ha lo scopo di far decadere il parlamentare dalla carica nel momento in cui subentra la condanna definitiva, a prescindere da quando è stato commesso il reato.

Qualcuno afferma che questa norma non può essere applicata a reati commessi prima dell’entrata in vigore della nuova legge.
Mi sembra una interpretazione peregrina: seguendo questa logica, infatti, nessuno, tranne coloro che stavano scontando la pena di interdizione, sarebbe risultato incandidabile prima del 5 gennaio 2013 (in GU la norma è stata pubblicata il 4 gennaio 2013) giacché i reati puniti in precedenza non prevedevano l’incandidabilità.

Se questa interpretazione dovesse prevalere bisognerà giungere alla conclusione che i legislatori italiani sono in netta maggioranza idioti o truffatori poiché hanno ripetuto per mesi e mesi che questa norma serviva a garantire un “parlamento pulito” non nel senso di togliere la polvere ma di mantenerlo libero dai criminali.

Interpretate la norma come volete, signori rappresentanti dei partiti, ma se andate oltre la letteralità della legge o se la corte costituzionale dovesse ritenere incostituzionale la norma stessa avremmo l’ennesima  dimostrazione della vostra prevalente stupidità e inadeguatezza al ruolo che ricoprite per volontà delle segreterie dei vostri partiti.

La conseguenza non sarebbe quella auspicata da qualche guitto, ma dovremmo educatamente e civilmente disobbedire a tutte le leggi di questo Stato per manifesta inidoneità della maggioranza delle persone che occupano le Istituzioni. E poiché siete voi parlamentari e uomini di partito che scegliete il personale da piazzare alle diverse cariche istituzionali vostra e soltanto vostra è la responsabilità di avere in prevalenza inetti o criminali a giocare al ruolo di legislatore.

Ci rimane una sola arma: la disobbedienza totale rispetto a qualsiasi legge di un gruppo di terroristi che, assumendo la maggioranza del parlamento, ha sistematicamente attentato alla Costituzione e ai diritti costituzionali del popolo italiano, a partire da una legge elettorale che priva gli elettori del diritto di rappresentanza. Disobbedire agli stupratori del diritto e della Costituzione per rifondare lo Stato e le Istituzioni, per affermare lo stato di diritto che i partiti e la maggioranza dei loro rappresentanti hanno demolito.

2 thoughts on “Il PdL, tanto rumore per nulla

  1. Ciao Mako. Sintetizzo il topic:
    “Le vicende politiche di uno statista sono – e DEVONO essere – indipendenti dalle sue vicende giudiziarie private.”
    That is.

    A parte questo – che già di per sè dovrebbe essere argomento di profonda riflessione – non vedo motivo di rigioire per il recente verdetto della Cassazione.
    In fondo, SE (e sottolineo “SE”) Berlusconi doveva venire silurato per via giudiziaria, ciò sarebbe dovuto avvenire 20 ANNI FA; silurarlo ora è del tutto inutile, poichè ormai tutto ciò che l’omino aveva il compito di fare (ovvero portare a compimento il famoso Piano della P2) è stato fatto; liberarsi dello strumento non servirà a rimuovere una virgola dell’apparato dittatoriale che nel frattempo ha instaurato.
    Infatti le leggi antidemocratiche promulgate da Berlusconi resteranno ancora lì indipendentemente dalla sua uscita di scena, e idem per l’esercito di sguatteri che lui ha piazzato arbitrariamente nei posti che contano.
    (A tal proposito: non è ironico? Servetti insignificanti come Gasparri, Alfano o Santanchè sopravviveranno indenni alla caduta del loro potentissimo mentore; infatti nessuno di coloro che esultano per la dipartita del Silvio si preoccupa di puntare il dito sugli scagnozzi che gli si sono accodati nell’arrampicata.)

    Morale: rimuovere una CAUSA non serve a correggere i suoi EFFETTI nefasti. Quello è tutto un altro paio di maniche.
    Non ci sarà più la PERSONA “BERLUSCONI” (forse), ma l’onda lunga del BERLUSCONISMO infetterrà ancora le Istituzioni per altri 20 anni. Questo è garantito.
    E’ un motivo per cui rallegrarsi?

    R.

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    • Ohi ohi ohi… caro Ronin, argomenti duri e tosti i tuoi.

      Andiamo per ordine, ammesso che sia possibile in questo accavallarsi di tematiche.

      Una sentenza non “silura” nessuno e non voglio imbarcarmi su questo terreno scivoloso che irrimediabilmente porta a interrogarsi sulla funzione della giustizia e sul suo utilizzo. Oggi c’è una sentenza definitiva, venti anni fa ci poteva essere una valutazione politica, un pasoliniano “io so”… ma non c’era una sentenza. Tanto basta per chiudere l’argomento.

      Gli effetti del berlusconismo. Come darti torto? Impossibile, ma allora dovremmo discutere sulle cause del berlusconismo, vale a dire su cosa ha reso possibile il compimento della lunga degenerazione del nostro sistema repubblicano, che prometteva democrazia, in una volgare oligarchia partitocratica.
      Sarebbe profondamente falso attribuire a Berlusconi la responsabilità di questa degenerazione: lui ha solo reso evidenti i problemi italiani e certamente non ha contribuito a risolverli. Però, Berlusconi è il prodotto dei nostri problemi .

      Le leggi antidemocratiche e il sistema che tu definisci dittatoriale. L’Italia non è una democrazia. L’Italia è figlia del regime fascista che uccide Mussolini per salvare il regime, che aveva nel corporativismo il proprio asse portante. Dal Partito-Stato siamo passati allo Stato dei Partiti, tutto qui. Cosa sono i Partiti, come si crea il consenso, come avviene la scelta dei rappresentanti dei partiti pomposamente definiti Parlamentari o Rappresentanti del popolo sovrano… Ecco, non ci sono effetti del berlusconismo perché sono tutti riconducibili agli effetti del sistema partitocratico, quel particolare sistema oligarchico che governa l’Italia dal 1948. Potremo anche liberarci di Berlusconi e dei suoi scudieri ma non avremo risolto nulla… Infatti abbiamo ancora il porcellum nonostante potesse essere spazzato via nel 2006… ma così non fu.
      E allo stesso modo, dal 1994 al 2013, nei sette anni di governo di centro-sinistra non è stato rimosso uno solo dei tanti problemi indicati come profonde ferite per l’ordinamento democratico.

      Preferisco ragionare sulle cause e su come sia stato possibile arrivare a una simile situazione istituzionale di merda piuttosto che sugli effetti della merda. Se piove merda, puoi anche aprire l’ombrello ma non risolverai nulla. Bisogna fermare le cause che producono merda.

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