Sebastiano Messina, con un articolo pubblicato su La Repubblica di giovedì 11 aprile 2013, ci dà conto di una simulazione del risultato elettorale nel caso si fosse votato il 24-25 febbraio 2013 con il cosiddetto Mattarellum anziché col Porcellum.
Messina fa giustamente una “premessa doverosa e sottintesa: quando cambiano i sistemi elettorali cambiano anche i comportamenti dei partiti e degli elettori” ma questa premessa passa rapidamente in secondo piano e ci assicura che il risultato della simulazione è assolutamente attendibile.
Per come ce la racconta, il risultato della simulazione non è attendibile, anzi è totalmente inutile. Quando parliamo di risultato elettorale ci riferiamo alla risultante di tante scelte individuali compiute con le stesse modalità e nello stesso periodo di tempo.
Approfondiamo queste doverose e sottintese premesse che dovrebbero essere il cuore di una ricerca.
1) La legge elettorale influenza le scelte dei partiti, sia quelle tattiche sia quelle strategiche; arbitrario ipotizzare che le squadre in campo sarebbero state le stesse con un sistema elettorale profondamente diverso.
2) La legge elettorale influenza direttamente la dispersione del voto in ragione delle quote di sbarramento e dell’appartenenza o meno di una forza politica a una coalizione. Non è possibile attribuire in modo meccanico i voti tra liste coalizzate e tra quota proporzionale e maggioritaria.
3) L’analisi del voto del ’94, 96 e ’01 ci dimostra l’uso differenziato da parte dell’elettore della scheda uninominale e di quella proporzionale. Errato non tenerne conto.
4) Le scelte dei partiti nella selezione dei candidati influiscono sul voto se l’elettore ha la possibilità di scegliere. Nel periodo 2006-2013 quanti cialtroni, scudieri, servitori e bravi manzoniani abbiamo avuto rispetto ai cinque decenni precedenti? E che possibilità hanno avuto gli elettori di incidere nella selezione dei rappresentanti?
5) La qualità dei candidati influenza la partecipazione stessa al voto che rapidamente è scesa intorno al 75%. L’insieme degli elettori potrebbe cambiare in modo consistente con diversi sistemi elettorali.
6) I tecnicismi della Mattarellum, in particolare le liste civetta, influenzano il risultato elettorale in modo significativo. Errato non tenere conto di questi aspetti tecnici.
Fermiamoci qui perché mi sembra che ci siano già abbastanza elementi per dire che questi esercizi sono inutili perdite di tempo. Inutilità che traspare dalle considerazioni finali espresse dai ricercatori e che sono evidenti dalla semplice lettura della Costituzione, purché si voglia comprendere.
Non serve essere fini costituzionalisti o esperti di meccanismi elettorali per giungere alla conclusione che il problema della governabilità non va addebitato alla legge elettorale (abbiamo avuto difficoltà con il Porcellum, con il Mattarellum e con il sistema in uso dal ’48 al ’92) ma alla Costituzione.
Concentrare l’attenzione sulla legge elettorale significa fare il gioco della partitocrazia che ha sempre pensato alla legge elettorale come a uno strumento utile alla propria parte per la conquista del potere fine a se stessa. Così è la stata la scelta dei sopravvissuti a tangentopoli che elaborarono il pessimo Mattarellum, così è stato con il ceto politico che domina dal 2006 a oggi (i panchinari dell’era politica precedente, piazzati dalle segreterie dei partiti al timone della Repubblica) che elaborò il disgustoso Porcellum e si assicura tuttora di tenerlo in vita.
Nella Costituzione vanno cercate le ragioni della ingovernabilità e della degenerazione di una promettente democrazia in volgare oligarchia partitocratica.
Infatti, è la Costituzione che prevede un bicameralismo perfetto e la fiducia all’esecutivo da parte di entrambe le Camere che
– sono elette da corpi elettorali differenti
– sono costituite con sistemi differenti di ripartizione dei seggi (regionale per il Senato e circoscrizionale per la Camera).
Per applicare anche al Senato il premio di maggioranza su base nazionale, come per la Camera, serve quindi una riforma della Costituzione. Ciò non garantirebbe in ogni caso un risultato analogo tra le due camere poiché i corpi elettorali sono differenti: quasi 5 milioni di elettori in meno per il Senato possono determinare risultati non omogenei. Si aggiunga che per la Costituzione il voto non ha lo stesso valore poiché in ben 5 regioni il numero minimo di Senatori è stabilito in 7 nonostante la profonde differenza di votanti tra le regioni. Ne consegue, per esempio, che la Basilicata e l’Abruzzo hanno gli stessi senatori pur avendo la seconda regione il doppio degli abitanti della prima; quindi, con un numero potenzialmente doppio di voti chi conquista l’Abruzzo ha gli stessi eletti di chi conquista la Basilicata. Anche questo aspetto della Costituzione va modificato per evitare che sia vera l’equazione: -voti = +seggi. L’assegnazione dei seggi in base alla popolazione residente comporta un’altra anomalia per effetto della diversa composizione demografica: in base alla popolazione, possono spettare più senatori in misura non proporzionale al numero di elettori.
A queste condizione non esiste legge elettorale che assicuri che dal voto esca una maggioranza di governo. D’altra parte i Costituenti non vollero che ciò avvenisse: infatti, inizialmente le Camere avevano durata differente.
Il Governo nasce dal Parlamento e non dal voto e nessun criterio è previsto perché il voto prefiguri un Governo: questo vollero i Costituenti. Far finta di non vedere queste incontestabili verità e trastullarsi sui sistemi elettorali è una chiara dimostrazione di quanto inaffidabile sia la classe politica con il codazzo di tanti inutili giornalisti, politologi e costituzionalisti che ogni giorno imbrattano i giornali e inondano l’etere con montagne di parole vuote e analisi inconsistenti.
Il Porcellum ha stressato tutti gli elementi della nostra Costituzione che sacrifica la governabilità a vantaggio della centralità del Parlamento. E poiché la Costituzione non ha stabilito regole certe per garantire la democraticità dei partiti politici, la trasparenza nei processi decisionali per la selezione dei candidati, la corrispondenza tra voto e rappresentanza elettorale (col cavolo che i parlamentari rappresentano la Nazione: sono i rappresentanti dei partiti) e soprattutto la Costituzione non ha sostanziato l’affermazione “la sovranità appartiene al popolo” è nella Costituzione che ci sono tutte le premesse e le pre-condizioni per la degenerazione partitocratica della Repubblica Italiana. Siamo passati dal Partito Stato allo Stato dei Partiti.
Il porcellum è compatibile con la Costituzione? E se non lo è, come tanti costituzionalisti affermano, perché questa legge non è stata sottoposta al giudizio della Corte Costituzionale? Basterebbe rispondere a queste domande per convincersi definitivamente che la causa dei nostri problemi istituzionali risiede nella Costituzione: se non affrontiamo questi nodi siamo condannati alla deriva.