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Presidente, sono perplesso

Gentile signor presidente Giorgio Napolitano, ho letto le sue dichiarazioni del 12 marzo 2013 rilasciate al termine dell’incontro con il comitato di Presidenza del CSM.

Concordo su molti passaggi, in particolare quando afferma che “i protagonisti e le istanze rappresentative della politica e della giustizia non possano percepirsi ed esprimersi come mondi ostili, guidati dal sospetto reciproco, anziché uniti in una comune responsabilità istituzionale”. E ancora quando auspica che “ da tutte le parti in conflitto – in particolare quelle politiche, titolari di grandi responsabilità nell’ordinamento democratico – si osservi quel senso del limite e della misura, il cui venir meno esporrebbe la Repubblica a gravi incognite e rischi”.

Sono perplesso, invece, quando rifletto sul significato implicito che leggo nel suo sollecitare “il rispetto di rigorose norme di comportamento da parte di quanti sono chiamati a indagare e giudicare, guardandosi dall’attribuirsi missioni improprie e osservando scrupolosamente i principi del “giusto processo” sanciti fin dal 1999 nell’art. 111 della Costituzione con particolare attenzione per le garanzie da riconoscere alla difesa”.  

Giustamente respinge “l’aberrante ipotesi di manovre tendenti a mettere fuori giuoco – “per via giudiziaria” come con inammissibile sospetto si tende ad affermare – uno dei protagonisti del confronto democratico e parlamentare nazionale”, ma le sue parole consentono di percepire come reale il sospetto che alcuni magistrati o alcune Procure si stiano attribuendo “missioni improprie” o non stiano osservando i principi del “giusto processo. E così da taluni sono state interpretate.

Un imputato ha ampi e potenti strumenti per far valere i propri diritti qualora ritenga che la magistratura stia abusando delle proprie prerogative. Esiste, inoltre, l’autonoma azione disciplinare che può essere promossa nei confronti dei magistrati che stiano venendo meno ai loro doveri. Evidente che il dovere di un magistrato non è “l’impropria missione” di ripulire il mondo dal crimine, ma più modestamente quella di verificare se un reato è stato commesso e in tal caso accertare le responsabilità. Nessuna crociata, nessuna mission impossible.

Non si risponda a un “inammissibile sospetto” ingenerandone un altro.

Lungi da me ritenere che il nostro ordinamento giudiziario funzioni alla perfezione. Tutt’altro e le responsabilità non appartengono esclusivamente al potere legislativo essendo ampie quelle dei magistrati sia rispetto all’elaborazione delle leggi sia rispetto alla loro applicazione; come dalle responsabilità del cattivo funzionamento non può tenersi indenne il CSM e quindi anche lei, signor Presidente.

Serve dunque quel rispetto e quella collaborazione tra il mondo politico e quello della giustizia che lei saggiamente auspica. Questo clima di rispetto difficilmente si instaurerà se si respinge un sospetto seminandone un altro.

Anche in una situazione difficile per le Istituzioni, la risposta migliore è che ciascuno faccia il proprio dovere, quel che gli compete senza interrogarsi sulle conseguenze del suo fare. Un magistrato non può esimersi dal fare oggi perché c’è una fase istituzionale delicata, ieri perché c’era la campagna elettorale, l’altro ieri perché l’imputato aveva cariche istituzionali… Compete al potere legislativo normare e regolare l’equilibrio tra i poteri e l’interdipendenza tra gli stessi, eventuali guarentigie e la loro estensione e non alla sensibilità del singolo magistrato. Sarà sempre precario e vulnerabile quel sistema istituzionale affidato esclusivamente al buon senso.

Due parole anche sulla citata “investitura popolare”. Ritengo che la consapevolezza sia l’unica ricchezza di cui disponiamo per uscire dalla crisi politica e istituzionale che ci attanaglia da decenni. Davvero crede che qualcuno abbia una “investitura popolare”? A me non risulta. Non ho alcun dubbio sul dato che Silvio Berlusconi (come tutti gli altri parlamentari) non ha preso alcun voto e non ha alcuna investitura popolare. I voti sono stati presi da un Partito politico che, con procedure poco trasparenti e in assenza di processi decisionali improntati ai principi democratici (vale per tutti i partiti), ha affidato a Silvio Berlusconi il ruolo di leader del partito e pare della coalizione. Un partito è stato investito di un potere dal popolo ma non le persone che si sono autonominate e autoinvestite. Non è una differenza di lana caprina perché in democrazia la forma è sostanza. Ritengo corretto affermare che il Parlamento rappresenta i Partiti e non il popolo sovrano che è stato detronizzato.  Qui mi fermo, ma da troppo tempo attendiamo che si riempiano di sostanza democratica le previsioni costituzionali, a partire dall’attuazione dell’art. 49 della Costituzione per la quale giacciono in Parlamento proposte di legge.

Buon lavoro e un affettuoso saluto.

Questo intervento è stato trasmesso al Presidente della Repubblica tramite il servizio webmail del sito http://www.quirinale.it

 

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