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Il Giornalismo e la Partitocrazia

Il braccio di ferro con il Quirinale” è il titolo del lungo articolo, pubblicato su La Repubblica del 7 marzo 2013 a firma Claudio Tito, che oggi voglio commentare.

Incipit.

La crisi politica che si è aperta dopo le elezioni assomiglia sempre più a una partita a scacchi. Ognuno muove il proprio pedone, ma nessuno sembra in grado di arrivare in fondo. Di dare lo scacco matto”.

Fermiamoci. Rileggiamo e urliamo: CAZZO non è possibile! Poi vi lamentate del trattamento che Grillo riserva ai giornalisti? Ha ragione e deve tenervi a debita distanza. Il pezzo che vi sto proponendo è un esempio di pessimo giornalismo che andrebbe inserito nei testi di giornalismo per insegnare come NON SI DEVE SCRIVERE.

L’uso corretto della lingua italiana non è sufficiente a nascondere la totale mancanza di contenuti: affermazioni peregrine, banali, superficiali e mancanza di spessore e analisi (assente in tutto l’articolo che dalla prima pagina prosegue alla 31^) .

Anche un marziano sa che la crisi politica non si è aperta con l’esito elettorale ma era preesistente e dura almeno dal 1993. Bisognerebbe iniziare a definire le cose con il proprio nome: crisi del sistema politico e istituzionale. Crisi della prima e unica repubblica italiana essendo la seconda e la terza invenzioni dei politici e del giornalismo zompettante. Il sistema politico e istituzionale è in crisi da decenni per responsabilità di tutta la classe dirigente (quindi non solo i politici) compreso, a mio giudizio, Giorgio Napolitano che non seppe cogliere nel 2008, nella veste di Presidente della Repubblica, l’occasione per tentare di rimettere sui binari giusti il sistema con lo scioglimento del solo Senato: avremmo evitato questi inutili cinque anni. La scelta di sciogliere le Camere portò a replicare quel muro contro muro che ormai schiaccia l’Italia dal 1994.

Scrivere di crisi politica che si è aperta dopo le elezioni significa non capire nulla di politica e poco di giornalismo. Significa vivere in una torre d’avorio dalla quale si diffonde fumo negli occhi dei lettori.

La pessima politica è sempre accompagnata da pessimo giornalismo: ne abbiamo ancora una conferma.

Passiamo alla metafora della partita a scacchi. Vero, i politici sembrano impegnati in una partita a scacchi in cui si ha paura di scoprirsi per timore di una controffensiva. Tipico di chi non sa governare la scacchiera. C’è però un piccolo dettaglio: il nostro sistema politico non può essere vissuto come se stessimo giocando una partita a scacchi o una partita di calcio, per essere più popolani e meno affettatamente ricercati, anche perché i nostri politicazzi più che scacchisti sembrano volgari sgambettatori su un campetto di periferia.

Il nostro sistema costituzionale e legislativo non è costruito per restituire un vincitore con il voto: questa è solo una possibilità tra tante. Il nostro sistema è costruito perché in Parlamento nasca un Governo. Se i politici giocano a scacchi, significa che hanno sbagliato gioco, che non hanno capito nulla, che sono inadeguati al ruolo per il quale si sono proposti. Bisognerebbe ricordare che il Governo nasce perché una persona incaricata dal Presidente della Repubblica ottiene la fiducia in entrambe le camere dalla maggioranza dei parlamentari. Non sono i partiti che votano la fiducia e nemmeno i gruppi parlamentari ma i singoli parlamentari con appello nominale.

Quindi, non c’è alcuna partita a scacchi da giocare se si rispetta la Costituzione e s’impara qualcosa da questi decenni di pessima politica.

Nel caso in cui Bersani dovesse ottenere l’incarico di governo sarà sufficiente che il giorno dopo si presenti in Parlamento e URLI il suo programma per rinnovare l’Italia, URLI perché ogni italiano senta un programma dettagliato, chiaro e preciso che preveda cose semplici e immediatamente percorribili. Se non è un coglione, scelga una squadra di persone giovani e grintose, e URLI in Parlamento perché ogni italiano possa sentire il suo programma che dovrà mandare finalmente in pensione la partitocrazia e il vecchiume. Ogni parlamentare dovrà assumere la responsabilità della scelta e lui deve rivolgersi a ogni Parlamentare. Questa strada è percorribile purché abbia il coraggio del cambiamento e la smetta di cianciare di Partiti e altre cazzate simili. Parli delle cose che vuole fare e chieda il sostegno a tutti per farle.

La realtà è che il giornalismo in questi due decenni ha avuto la vita facile a raccontare un Paese diviso tra berlusconiani e antiberlusconiani, facendo il gioco della oligarchia politica. Le due squadre infatti si sono scontrate ma non perché avevano progetti diversi, semplicemente per conquistare il potere. D’altra parte quando il Milan incontra la Juve non lo fa per riscrivere le regole del calcio, ma semplicemente per vincere lo scudetto. Sic et simpliciter. In altre parole, le due squadre sono intercambiabili e così sono stati i due schieramenti: hanno forse riscritto le regole? Se il periodo dal 1994 al 2013 passa come il periodo del berlusconismo è perché è stato a lungo governato dai berlusconiani di sinistra. Devo fare i nomi?

Claudio Tito nel suo lungo articolo prosegue con la noiosa cronaca della riunione di direzione del PD, svoltasi ieri, e poi scrive della ipotesi di un “Governo del Presidente”.

Te pareva! Questi giornalisti sono così pigri che non hanno la capacità di rendersi conto che una formula semplicistica coniata per rappresentare qualcosa rimane pur sempre una formula e non va trasformata in sostanza. E’ un incompetente chi afferma che il governo Monti sia stato un governo del Presidente. Napolitano ha fatto ciò che la Costituzione gli imponeva di fare niente di più; a lui va solo il merito di aver selezionato un personaggio presentabile. Il resto è opera del Parlamento. E’ il Parlamento che ha fatto nascere e ha fatto morire il governo Monti. Il resto è solo fumo negli occhi, fregnacce per confondere le idee. Diversamente si legittima chi sostiene che si sia trattato di “golpe istituzionale”. O si vogliono nascondere le responsabilità dei Partiti.

Continua Tito scrivendo: “può un “governo del Presidente” nascere e restare in vita se il Presidente cambia? Come è accaduto per Monti, Napolitano è stato il vero tutor dei tecnici. Come è possibile che accada lo stesso se il settennato del Quirinale sta per scadere? Non è possibile a meno che l’itinerario istituzionale non preveda anche la conferma sul Colle dell’attuale inquilino”.

E qui siamo alla totale mancanza di logica e di conoscenza della Costituzione. Se Claudio Tito auspica le rielezione di Napolitano lo dica apertamente senza arrampicarsi su costruzioni e percorsi istituzionali che evidentemente sono fuori dalla sua portata, intelligenza e competenza.

Su Monti ho già detto e dunque nulla aggiungo su un governo parlamentare pienamente conforme alla nostra Costituzione e alla volontà popolare.

La prima frase “può un “governo del Presidente” nascere e restare in vita se il Presidente cambia?” ovviamente è priva di qualsiasi spessore culturale e giuridico: il “governo del Presidente”, che Claudio Tito pone giustamente tra virgolette, esiste solo e se ottiene la fiducia dal Parlamento che avrà poi diritto di vita e di morte di quel Governo. Diciamo che tutti i governi nascono come “governi del presidente” e ottenuta la fiducia si emancipano e diventano “governi parlamentari”. Se il giornalista pone tra virgolette l’espressione governo del presidente si presume che conosca la funzione delle virgolette stesse, ma evidentemente la semplicistica abitudine di parlare per formule ha ottenebrato la capacità di esprimere contenuti.

Claudio Tito prosegue e scrive “restare in vita se il Presidente cambia”, scrive di “settennato che sta per scadere” fino a giungere all’ipotesi (logica nel suo delirio, infondata in diritto) che Napolitano debba essere rieletto.

Napolitano rappresenta l’istituzione Presidenza della Repubblica e ha il dovere di interpretarne le funzioni sino all’ultimo giorno del suo mandato o finché non decide di cessare dalla carica. Gli atti del Presidente non hanno meno efficacia man mano che il settennato avanza. I poteri del Presidente non si corrompono con il trascorrere del tempo. Pertanto, qualsiasi decisione il Presidente dovesse assumere nei prossimi giorni avrà la stessa autorità delle decisioni prese negli anni precedenti. E Claudio Tito con le sue strampalate deduzioni illogiche se ne farà una ragione.

Qualche giorno fa intercettai su twitter un post di Pierluigi Battista: “Dopo i politici noi giornalisti siamo i più odiati”. Gli risposi con “Non credo si tratti di odio ma di consapevolezza della complicità di tanto giornalismo con la degenerazione partitocratica”.

Confermo il giudizio.

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